Registro da giorni attacchi provenienti da cinque consiglieri di opposizione. Avevo deciso di tacere ma, considerata la ferocia e la gravità di quanto accaduto, ho deciso di parlare non solo per me ma soprattutto per il Movimento che rappresento in Consiglio comunale e per le tante persone che, con il loro voto, hanno inteso darmi fiducia. Ebbene, per capire la gravità di quanto mi è accaduto occorre distinguere la questione “giuridica”, del tutto inesistente, da quella politica, in quanto la prima è strumentale alla comprensione della seconda.
Sono stata accusata di “inopportunità” politica perchè, come avvocato, difendo il consigliere pd Luciano Lapenna nell’ambito di un processo penale che lo vede coinvolto assieme alla sua ex giunta, pur essendo evidente che la mia attività professionale nulla ha a che vedere con l’opposizione che svolgo e che ho sempre svolto nei confronti dell’attuale maggioranza.
Chi mi accusa, ovviamente, ha omesso di riferire che il mandato difensivo che ho assunto come avvocato risale all’anno 2015, ad epoca cioè ben antecedente alle scorse elezioni amministrative.
L’operazione mediatica portata avanti dai suddetti consiglieri si è tradotta in una vera e propria violenza a mezzo della quale hanno tentato di impormi – utilizzando direttamente il mezzo della stampa – una scelta di carattere esclusivamente professionale, quella di rinunciare alla difesa di un mio assistito, scelta che io non avrei mai compiuto in quanto contraria alla mia etica e al giuramento solenne che tanti anni fa ho prestato per poter esercitare la mia professione.
Mi consolo pensando che sono in buona compagnia, la storia della nostra Repubblica è piena di esempi di colleghi che hanno difeso l’avversario politico tenendo avanti a sé il principio (costituzionale) del diritto di difesa e continuando a fare politica in maniera altrettanto chiara e onesta.
Del resto, tale sconcertante pretesa, come riconosciuto dagli stessi firmatari, non ha e non può avere, alcun fondamento giuridico.
Solo perché non mi sono piegata rispetto a tale assurda pretesa e allo sconcertante metodo utilizzato – la gogna pubblica – i medesimi consiglieri hanno deciso di massacrarmi – sempre in pubblica piazza – agitando l’argomento di una mia presunta incompatibilità alla carica di consigliere comunale derivante, ancora una volta, dall’esercizio della mia professione.
Questa volta è stato preso di mira un incarico di durata determinata conferitomi dalla Pulchra che, secondo loro, contrasterebbe con l’art 78 comma 5 del Testo Unico sugli locali e con l’omologo art. 35 del Regolamento consigliare, e che a loro dire, mi renderebbe incompatibile con la carica di consigliere.
Sorprende che prima di lanciare una campagna mediatica tanto diffamante e grave i medesimi consiglieri non si siano premurati – almeno – di leggere le norme di riferimento: ed infatti, l’art. 78, comma 5, d.lgs. n. 267/2000 vieta agli amministratori locali di “ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province”.
L’art. 63, comma 1, n. 3, della stessa legge prevede l’incompatibilità con la carica di amministratore locale a carico del “consulente legale, amministrativo e tecnico che presta opera in modo continuativo” in favore, tra le altre, delle società partecipate dal comune in misura non inferiore al 20 per cento.
Allo stesso modo l’art. 1, comma 2, lett. e), d.lgs. n. 39/2013, puntualizza che si intendono “per «incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati», le cariche di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato, le posizioni di dirigente, lo svolgimento stabile di attività di consulenza a favore dell’ente”.
Come si vede, dunque, non mi trovo in nessuna di tali situazioni e nessuna incompatibilità poteva e può essermi contestata, se non in modo assurdo e strumentale.
Ma quel che è peggio è che i medesimi consiglieri dopo avermi attribuito una incompatibilità che non esiste hanno gettato su di me un ombra ancor peggiore.
Dopo aver reso noto di aver appreso la notizia del mio incarico dal sito della Pulchra – non si capisce se addirittura lamentino che io non abbia messo loro a disposizione l’elenco di tutti i miei clienti – non si sono premurati di riferire la circostanza – pure perfettamente consultabile sul medesimo sito – che tale incarico non mi è stato conferito “fiduciariamente” ma all’esito di una regolare procedura di gara pubblica del 14 aprile 2016 conclusasi il 6 maggio 2016, e cioè, anche questa volta, prima della mia elezione a consigliere.
Allo stesso modo i medesimi consiglieri hanno omesso di riferire che il mio incarico professionale ha una durata temporanea – non è cioè una consulenza continuativa fonte di incompatibilità – e nulla ha a che vedere con la gestione attiva della medesima società.
Hanno omesso di riferire, ancora, che la natura dell’incarico affidatomi – di carattere strettamente tecnico-professionale, concerne un adempimento previsto come obbligatorio dalla legge che non implica alcuna commistione o interferenza con la gestione e l’amministrazione della società committente e/o del Comune di Vasto, né aspetti di vigilanza, né questioni inerenti al bilancio, né di controllo da parte dell’organo consigliare, trattandosi della redazione di un modello interno, il c.d. “Modello di organizzazione”, attraverso il quale vengono individuate le aree della società “a rischio” di commissione di reati al fine di prevenirne la realizzazione.
D’altra parte la legge non avrebbe mai potuto prevedere che la carica di consigliere comunale fosse incompatibile, in astratto, con l’esercizio della libera professione, in quanto ciò avrebbe comportato la violazione di altri e ben più elevati diritti e principi.
Le norme vogliono solo evitare che gli amministratori locali possano essere agevolati e favoriti dalla carica pubblica ricoperta nell’assunzione degli incarichi ovvero di evitare che il controllo dell’ente locale sull’operato dell’ente controllato sia svolto dai medesimi destinatari delle commesse dell’ente controllato, insomma un conflitto di interessi.
Il che, come si è visto, non è il caso che mi riguarda, sia perché sono stata selezionata attraverso una gara pubblica che si è svolta prima della mia elezione e dell’assunzione della carica di consigliere sia perché l’oggetto dell’incarico temporaneo affidatomi non c’entra nulla con la gestione attiva della società controllata dal Comune.
Ridotta in termini comprensibili si può dire che la legge non chiede a coloro che decidono di dedicarsi alla politica di smettere di lavorare e di stare tutto il giorno al bar.
Solo a questo punto, dopo aver chiarito la gratuita diffamatorietà delle cose dette per alimentare la macchina del fango che mi è stato gettato addosso senza alcuno scrupolo, si possono fare considerazioni politiche.
Chi ha a cuore il centrodestra vastese ha il dovere di interrogarsi sul perché quattro consiglieri comunali di tale area politica hanno deciso di massacrare un consigliere della medesima area e, quel che è peggio, di dilaniare il gruppo di opposizione e l’azione di contrasto all’attuale amministrazione comunale sino ad oggi portata avanti insieme.
Non vorrei che la risposta fosse proprio in quell’invito a lasciare la carica di vice presidente del Consiglio comunale associato ad un più o meno velato invito a lasciare i banchi consigliari per una incompatibilità inesistente.
Rimango al mio posto, con la medesima onestà, trasparenza e convinzione, rimango per continuare a portare in Consiglio comunale la voce dei cittadini vastesi.
Allo stesso tempo, non sono più disposta a tollerare, come sinora ho fatto per il bene dell’unità dell’opposizione – valore nel quale ancora credo – nessun comportamento teso a diffamare la mia persona e la mia onorabilità di avvocato che tutelerò, ove fosse necessario, nelle sedi di competenza.
Avv. Alessandra Cappa
P.S.
Nel mentre mi accingo ad inviare questo comunicato, apprendo che i consiglieri pentastellati sono intervenuti pure loro sulla questione nella stessa maniera acritica e superficiale
e me ne dispiace perché hanno così perso l’occasione per dare di sé un’immagine tutt’affatto diversa da quella dei soliti giacobini pieni di livore in cerca di clamore.