Dal WWF riceviamo e pubblichiamo:
Il WWF Abruzzo ha indirizzato domenica scorsa un appello per la tutela del lupo in Italia al presidente della Regione Luciano D’Alfonso, agli assessori Dino Pepe (Agricoltura) e Donato Di Matteo (Parchi e aree protette) e al Sottosegretario con delega all’Ambiente Mario Mazzocca. Nel testo, ispirato a un comunicato diffuso dal WWF due giorni fa a livello nazionale, il delegato Abruzzo della Associazione ambientalista Luciano Di Tizio (ricalcando una analoga lettera del 24 febbraio 2016) chiede alla Regione Abruzzo, che ha fatto della tutela del proprio territorio un preciso e caratteristico brand, di ritirare il parere favorevole a suo tempo incautamente rilasciato al Piano per la conservazione e gestione del lupo in Italia, proposto dal ministero dell’Ambiente, la cui discussione è prevista per oggi, 24 gennaio, in sede di Conferenza Stato Regioni, e di chiedere ufficialmente di cancellare dal Piano ogni possibilità di abbattimento legale del lupo.
Si tratta infatti di una decisione che, semmai malauguratamente avallata, riporterebbe indietro l’Italia indietro di 40 anni: nel nostro Paese vige la piena tutela del lupo dal 1971, grazie proprio al WWF che lanciò una grande campagna significativamente denominata “Operazione San Francesco”.
L’ultima versione del Piano prevede la possibilità da parte delle Regioni di applicare la deroga alla tutela della specie autorizzando abbattimenti legali. Un’azione che il WWF considera del tutto inutile e dannosa perché certamente non risolve il problema dei danni alla zootecnia e può anzi persino peggiorare la situazione rischiando di legittimare il diffuso bracconaggio sulla specie. La bibliografia scientifica dimostra, infatti, come gli abbattimenti non servano né a ridurre i danni né a ridurre i conflitti, come si evince anche dal DECALOGO ‘antibufale’ redatto dal WWF con l’aiuto degli esperti del proprio Comitato Scientifico.
Il WWF ricorda che si stima in oltre 300 il numero dei lupi vittime ogni anno in Italia di uccisioni illegali (dovuti a fucili, lacci e veleno) o di investimenti stradali, ai quali si potrebbero aggiungere un numero indefinito di animali abbattuti legalmente grazie al Piano che, nel testo in approvazione nella Conferenza Stato-Regioni, non prevede più neppure il limite, inizialmente inserito, del 5% di uccisioni l’anno rispetto alla popolazione massima stimata (70 individui rispetto ad una popolazione complessiva di 1600 lupi, indicata dallo stesso Piano). Saranno infatti le Regioni ad avere la facoltà di decidere il numero degli abbattimenti consentiti, in deroga alle norme comunitarie e nazionali, nel proprio territorio.
Se la Conferenza Stato-Regioni approverà il Piano senza le modifiche sollecitate dai 190mila cittadini, che hanno risposto alla petizione del WWF nella quale si chiedeva di non autorizzare l’abbattimento, l’Associazione vigilerà con la massima attenzione sull’attuazione del Piano stesso intervenendo anche con azioni legali per garantire il rigoroso rispetto delle norme comunitarie e nazionali.
Per il WWF l’ipotesi di introdurre le uccisioni legali, sostenuta in particolare da alcune Regioni (Toscana, Veneto, Basilicata, Calabria, Valle d’Aosta e, incredibilmente, anche Abruzzo), è un’autentica operazione di “distrazione di massa” che, rispondendo alle istanze delle parti più retrograde degli operatori del settore, indica una soluzione estremamente pericolosa per una specie che viene già colpita duramente ogni anno da bracconaggio e incidenti e del tutto inefficace e improduttiva per gli allevatori e per i pastori.
Al contrario gli studi dimostrano che le tecniche di prevenzione dei danni (recinzioni elettrificate e cani da guardia) si sono dimostrate la soluzione più efficace per garantire la convivenza della zootecnia con il lupo.
Per questo il WWF ribadisce che con le uccisioni non si risolve il conflitto con la zootecnia ma si rischia di amplificarlo, come dimostra quello che sta succedendo nei Paesi europei che da anni hanno adottato la soluzione degli abbattimenti (Francia, Slovenia, Svezia, Svizzera). La zootecnia italiana soffre di problemi strutturali e di competitività nel mercato europeo, pur essendo uno dei comparti dell’agricoltura più sovvenzionati con i fondi della politica agricola comunitaria, che non saranno certamente risolti con le misure previste in questo Piano.
È vero che (sempre nell’ipotesi che il Piano venga approvato senza le modifiche richieste nella petizione “SOS Lupo” del WWF, consegnata il 24 maggio 2015 al Ministro Galletti) sono previsti 12 mesi di tempo prima dell’attuazione delle uccisioni “legali” durante i quali le Regioni dovrebbero attivarsi per realizzare tutte le altre azioni previste, ma si tratta di un obiettivo del tutto irrealistico, visto che il Piano precedente è rimasto per 10 anni pressoché inapplicato.
La Conferenza Stato-Regioni è ancora in tempo per cancellare la possibilità dell’abbattimento legale del lupo, rafforzando invece le altre azioni previste dal Piano stesso per la prevenzione dei danni, il monitoraggio della specie, le attività di informazione e la formazione degli allevatori.
L’Abruzzo torni indietro e prema per questa soluzione, certamente la più gradita alla maggioranza dei suoi abitanti, moltissimi dei quali sono tra i 190mila firmatari dell’appello “SOS Lupo”.
Lo stesso WWF ha preparato un “Decalogo antibufale” sul lupo stesso (se ne fa menzione nel comunicato sopra) , che raccoglie le obiezioni dell’associazione all’abbattimento dei lupi. Qui sotto il testo integrale:
Le obiezioni tecnico-scientifiche del WWF al nuovo Piano di gestione
“C’è sicuramente bisogno di un nuovo piano per la conservazione e la gestione del Lupo ma la definizione dei criteri per la concessione delle deroghe sugli abbattimenti è una forzatura che ci porta lontano rispetto a quanto prevede la direttiva Habitat europea. Questa scelta è destinata ad acuire il conflitto tra allevatori e altre realtà produttive locali con il lupo e con ampie fasce della società civile.
Ecco i 10 motivi principali per dire NO.
1) CARENZA DI CONOSCENZE
Il Piano distingue in modo arbitrario una sottopopolazione appenninica e una alpina quando una è frutto dell’altra; al momento non ci sono conoscenze sufficienti sul numero di esemplari e la loro reale distribuzione che possano ‘sdoganare’ la deroga alle normative di tutela del lupo autorizzando gli abbattimenti. Non c’è neppure la prova di uno stato di conservazione favorevole della specie che giustifichi una scelta così drastica.
2) MANCANO DATI SUL LUPO APPENNINICO
Si vuole applicare l’abbattimento sulla popolazione appenninica giustificando la scelta con la ‘condizione favorevole’ di questa sottopopolazione; la valutazione deriva però da un insieme di conoscenze non comparabili con quelle alpine e frutto di un modello predittivo e non da censimenti standardizzati e pluriennali. Non esistono nemmeno dati attendibili sull’effettiva incidenza del bracconaggio.
3) LA SPECIE ANCORA VULNERARIBILE SULLE ALPI
La sottopopolazione alpina è, al contrario, conosciuta in modo abbastanza approfondito e sappiamo che essa non si trova in un favorevole stato di conservazione. In particolare sulle Alpi centro-orientali la specie è tuttora ragionevolmente da considerarsi vulnerabile e con dinamiche di colonizzazione tutt’ora in atto.
4) PIANI DI PREVENZIONE: CHI L’HA VISTI?
Adeguati piani di prevenzione dei danni da predatori non sono stati finora né predisposti né implementati in molte Regioni. Ci sono stati risultati ottimi, invece, laddove sono stati realmente messi in opera interventi di riduzione dei conflitti e protezione del bestiame.
5) DANNI DA LUPO?
I danni dovuti ai grandi carnivori costituiscono certamente un problema serio per gli allevatori, ma non sono tra i principali problemi della zootecnia italiana, come ammesso dagli stessi addetti ai lavori.
6) ITALIANI DALLA PARTE DEL LUPO
Sondaggi e raccolte firme mostrano come la stragrande maggioranza dei cittadini italiani sia nettamente contraria agli abbattimenti legali.
7) IL PARADOSSO DEGLI ABBATTIMENTI
Uccidere individui di lupo sperando di contenere i danni agli allevamenti è una chimera: una ricca bibliografia scientifica internazionale mostra che questa pratica produce in molti casi un effetto contrario e sicuramente indesiderato per chi svolge attività di pastorizia. Molti studi dimostrano infatti che il numero dei danni è aumentato, per motivazioni legate all’etologia della specie. Sta accadendo ad esempio in Francia dove 5 anni fa si era deciso di applicare queste deroghe, e tale scelta si sta dimostrando inefficace, oppure in Slovenia, paese che vede le quote di abbattimento in costante diminuzione ogni anno a favore di strategie di prevenzione non letali.
8) OBIETTIVO: TENIAMOLI INSIEME
Gli esperti dicono che i branchi di lupi stabili e strutturati tendono a nutrirsi prevalentemente di Ungulati selvatici (soprattutto cinghiale e capriolo), mentre gli individui singoli tendono a preferire gli animali domestici. Ogni attività di selezione e abbattimento tende a destrutturare i branchi con il risultato contrario a quello sperato: i lupi si disperdono sul territorio e aumentano così la pressione sugli animali domestici.
9) ESPERIENZA FALLIMENTARE
Anche la bibliografia legata alle scienze sociali mostra come la concessione di abbattimenti non abbia portato alla diminuzione del conflitto, anzi, in diversi casi ha portato all’acuirsi delle proteste e degli scontri sociali.
10) UNA FORZATURA EVIDENTE
La parte del Piano che ipotizza gli abbattimenti è frutto di un’interpretazione delle attuali conoscenze, delle esperienze e della legislazione vigente che fa prevalere le pressioni delle componenti più retrograde di alcune categorie sul volere dei più, sulle evidenze scientifiche e sui principi di tutela nazionali e comunitari e non garantisce alcuna difesa efficace nemmeno per allevatori e pastori”.