Come è ormai noto, la tensione tra le ONG che operano nel Mediterraneo e il Ministro dell’Interno Matteo Salvini è tornata a salire. Dopo l’ingresso a Lampedusa della Sea Watch 3 e lo scontro, che ha assunto anche dei connotati decisamente personali, tra Salvini e Carola Rackete, la linea delle ONG, come dimostrano le azioni di diverse navi che fanno la spola tra L’Europa – cioè l’Italia e Malta – e la Libia è ormai in rotta di collisione con quella del Viminale. Si sta discutendo di un’ulteriore giro di vite anti ONG da attuarsi tramite una modifica al Decreto Sicurezza, che probabilmente prevedrà la confisca immediata delle che entreranno nei porti contro il parere delle autorità e l’innalzamento delle sanzioni pecuniarie a carico delle organizzazioni che le gestiscono. Inutile dire che la ‘questione ONG’, come tutto ciò che ha a che fare con l’immigrazione, è al centro di una battaglia politica che vede da una parte il titolare del Viminale e chi ne condivide la linea politica, dall’altra il mondo di sinistra, quella politica come quella delle associazioni. Un tema molto divisivo, quello dei migranti, oggetto spesso di strumentalizzazioni politiche. Vanno precisate però alcune cose: fermo restando che l’emigrazione in atto da diverse parti del mondo ha delle cause profonde che con tutta probabilità, anche a causa dei cambiamenti climatici in atto, che stanno peggiorando la situazione, dovremo prima o poi affrontare di petto, la logica dell’accoglienza indiscriminata non può essere accettata. Non si può pretendere che l’Italia, che è alle prese con dei problemi interni non indifferenti, accolga tutti coloro che dovessero decidere di lasciare l’Africa o l’Asia. Giova inoltre osservare che l’Europa, paralizzata dai veti dei singoli stati, che, in quest’ambito, tendono ad operare ognuno per proprio conto, spesso lasciando a paesi come il nostro la patata bollente dell’emigrazione, non riesce ad esprimere una politica comune chiara e decisa nei confronti del fenomeno migratorio. In concreto, gli stati europei hanno provveduto a blindare le proprie frontiere, salvo, in alcuni casi, fare la paternale all’Italia, lasciata spesso sola, quando tenta di fare altrettanto. E’ evidente che l’Italia non può, da sola, farcela. Per quanto riguarda le critiche alla politica dei ‘porti chiusi’, basta fare una semplice considerazione: se una nave battente bandiera italiana o di qualsiasi altro Paese entrasse in un porto di qualsiasi nazione degna di questo nome, comprese quelle che ci fanno la predica, nonostante il divieto delle autorità locali, verrebbe forse accolta a braccia aperte? Probabilmente, possiamo dire sicuramente, no. Non è obbligatorio essere d’accordo con Salvini, per carità, ma l’Italia ha il diritto di difendere la propria sovranità e i propri confini, e se le autorità italiane vietano l’ingresso nelle acque territoriali – o uno sbarco sulle nostre coste – quel divieto va rispettato, e in caso contrario chi viola i nostri confini e le nostre leggi deve risponderne nelle sedi competenti.