L’ennesimo caso di grave infortunio sul posto di lavoro, quello avvenuto qualche giorno fa presso la Ecolan di Lanciano dove un operaio ha perso il braccio mentre lavorava al nastro trasportatore della piattaforma ecologica, altro non rappresenta che uno dei tanti non più sopportabili casi di infortuni sul posto di lavoro.
Non è accettabile che le persone escano la mattina da casa per andare a lavorare senza sapere se riescono a rientrarvici senza infortuni o vivi. Solo nei primi cinque mesi del 2018 sono già centinaia i morti sul posto di lavoro, senza contare tutti quei decessi cosiddetti in itinere, ossia di chi si reca da casa al posto di lavoro e viceversa. Senza inoltre dimenticare tutti quei casi di decessi che non vengono dichiarati perché si tratta di lavoratrici e lavoratori non contrattualizzati, senza diritti e senza tutele sindacali.
Una vera e propria strage che coinvolge indistintamente Nord e Sud – solo in Abruzzo nel 2017 sono stati denunciati 54 casi di decessi – e che riguarda sempre chi lavora, chi si sveglia la mattina per riportare mettere un piatto di pasta sulla tavola, che riguarda le lavoratrici e i lavoratori che vengono ipocritamente riconosciuti ogni 1° maggio, ma i padroni fanno finta di dimenticare che anche quest’anno, proprio il 1° maggio, mentre loro facevano i loro proclami in giacca e cravatta dai palchi o da dietro le cattedre, quattro persone morivano di lavoro.
Le condizioni di lavoro, grazie ai provvedimenti dei vari governi succedutisi negli anni, sono state estremamente precarizzate, e facciamo riferimento, ad esempio, alla Legge Fornero e/o al Jobs Act, tanto per citare gli ultimi atti. Ma la precarizzazione del mondo del lavoro non è l’unica causa di questi infortuni e di queste morti del lavoro, ma la precarizzazione dell’esistenza stessa, con una corsa al ribasso dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, degli studenti e delle studentesse, dei pensionati e delle pensionate, rende sempre più ricattabili le persone, costrette ad accettare condizioni di lavoro altrimenti inaccettabili. Cosa dire infatti delle persone costrette ad accettare lavori in nero, senza sicurezza alcuna e senza diritti? Cosa dire dell’alternanza scuola-lavoro che obbliga tanti/e giovani ad accettare lavori non pagati e senza tutele? Cosa dire, ad esempio, dell’innalzamento delle tasse universitarie che obbligano universitari/e a svolgere più lavoretti precari con guadagni assolutamente insufficienti? Cosa dire delle pensioni da fame che obbliga le persone a lavorare fino a tarda età, ovviamente in nero? Cosa dire dell’abbassamento generale dei redditi della popolazione più povera e lavoratrice, mentre i ricchi e i padroni continuano ad arricchirsi sulle spalle di chi lavora? Tutti questi morti non sono un caso, ma hanno dei responsabili: la colpa è dello Stato e dei padroni che, con le loro politiche liberiste, obbligano le persone, sotto ricatto, ad accettare anche i lavori più pericolosi e massacranti.
Questa è la vera emergenza!
USI-AIT Prov. Di Chieti