Dal WWF Chieti-Pescara riceviamo e pubblichiamo:
Non può che far piacere il fatto che in questi ultimi giorni i mass media regionali si stiano occupando con continuità e con toni giustamente preoccupati della situazione di grave inquinamento che da anni riguarda la Val Pescara. L’elemento scatenante parrebbe essere stato rappresentato da una risalita di gas recentemente rilevata durante gli scavi, immediatamente sospesi, per l’installazione di un piezometro in un terreno contaminato all’interno del SIR – sito di interesse regionale per l’inquinamento – denominato “Chieti Scalo”, istituito con delibera di Giunta regionale del 1.3.2010.
L’area che va da Megalò sino a San Martino, più o meno la stessa del SIR, è interessata anche da una ordinanza sindacale, la 542 del 29.10.2008, che vieta coltivazioni, consumo di prodotti agricoli non preventivamente verificati dalla Asl, pascolo, emungimento di acqua e movimento terra.
Negli anni il WWF ha avuto più volte occasione di interessarsene. Già nel 2009, all’indomani dell’incendio di un deposito di rifiuti (il 27 luglio), l’Associazione aveva organizzato una assemblea pubblica nel corso della quale, alla presenza di amministratori e di diversi consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione, denunciò la mancata partecipazione di rappresentanti del Comune di Chieti a una conferenza di servizi nella quale si discuteva l’allargamento del sito nazionale di bonifica (SIN) di Bussi. Dopo quella riunione, nella quale gli amministratori presenti diedero disponibilità bipartisan, la pratica per l’inclusione venne riaperta ma senza esito positivo tant’è vero che per l’area di Chieti Scalo venne invece istituito il SIR, con costi di caratterizzazione e bonifica a carico esclusivamente degli enti locali e segnatamente della Regione. Nello stesso anno, il 17 ottobre, il WWF con diversi associazioni e comitati organizzò una significativa marcia “Basta rifiuti a Chieti” denunciando anche le possibili contaminazioni delle colture. Nel 2013 invece, con una nota inviata a Comune, ASL e NOE, segnalò che nel sito contaminato, a dispetto dei divieti e del buon senso, assurdamente venivano pascolate pecore e c’erano campi coltivati, cosa che peraltro, come ben possono testimoniare le guardie giurate volontarie dell’associazione, tuttora accade. Nel 2014, l’11 maggio, ha invece organizzato una passeggiata ecologica lungo le sponde del fiume, con la partecipazione di diverse organizzazioni del commercio e del lavoro, per denunciare ancora una volta la presenza di rifiuti sepolti e per mostrare ai cittadini e agli organi di informazione le condizioni di abbandono del cosiddetto Parco fluviale, un’area nei fatti sottratta e non offerta alla fruibilità dei cittadini. Allora si parlò di “non luogo dove i veleni convivono con l’ambiente”.
In varie altre occasioni l’associazione ambientalista ha poi continuato a denunciare le anomalie (la ricorrente presenza di un gregge nell’area vietata, ad esempio) e ha sollecitato interventi. Nonostante gli impegni, anche in documenti ufficiali, gli stanziamenti regionali per caratterizzazione e bonifica non sono arrivati e anche il Comune solo di recente ha cominciato a fare la sua parte, a distanza di molti anni dalla individuazione del problema. Come che sia qualcosa si sta finalmente muovendo, ma siamo ben lontani da una caratterizzazione complessiva e dall’auspicato piano di bonifica che restituisca ai cittadini una vallata sana o quantomeno compatibile con le attività previste dai vigenti strumenti urbanistici.
La situazione è complicata anche per la co-presenza nel medesimo territorio, facilitata da decenni di pessima gestione con una programmazione decisamente approssimativa, di nuclei abitativi, aree agricole e capannoni industriali a diretto contatto gli uni con gli altri. Il risultato è che il perimetro del SIR comprende circa 30 kmq di territorio e che in quest’area uno studio dell’Università “d’Annunzio” ha rilevato 835.000 m2 di terreno con elevate anomalie nella vegetazione e/o nella composizione che farebbero presupporre con molta probabilità l’interramento non autorizzato di rifiuti pericolosi, senza dimenticare che nel SIR sono tuttora presenti 214.000 m2 di amianto in attesa di smaltimento! Ben si capisce che con questi numeri i piani di caratterizzazione per l’area Sixty, in discussione in una conferenza di servizi domani in Comune, rappresentano solo una parte del problema. Da risolvere, certamente, ma senza mai perdere di vista la questione nella sua totalità. Così come è da risolvere il nodo della accessibilità, visto che i rifiuti continuano ad arrivare lungo le sponde del fiume anche per iniziativa di singoli non rispettosi delle leggi e che gli appelli del WWF per controllare gli accessi alle strade golenali sono rimasti sinora sempre inascoltati.
«In passato – osserva la presidente del WWF Chieti-Pescara Nicoletta Di Francesco – siamo stati in più occasioni tacciati di fare allarmismo quando denunciavamo la gravissima situazione in cui versa la vallata. È un fatto certamente positivo che ora il problema sia al centro dell’attenzione generale. Purché non sia soltanto, è proprio il caso di dirlo, una nube passeggera e si cominci davvero a operare per risolvere il problema senza limitarsi alla fase delle polemiche».