Dal WWF Abruzzo riceviamo e pubblichiamo:
L’emergenza terremoto e maltempo ha messo in evidenza non solo la fragilità del nostro patrimonio edilizio e del territorio abruzzese, ma soprattutto la mancata, e quando presente errata, pianificazione territoriale di una regione le cui procedure urbanistiche si basano su una legge del 1983 e il cui piano regionale paesistico risale al 2004 (e interessa limitate porzioni del territorio).
La dura lezione della natura purtroppo sembra essere rimasta, ancora una volta, inascoltata. Lo dimostra la “geniale” trovata del Consiglio Regionale Abruzzese che, con la L.R. 14 febbraio 2017, n. 12 -Disposizioni straordinarie per le edificazioni delle zone agricole ricomprese nelle aree del cratere a seguito degli eventi sismici del 24.8.2016 e del 30.10.2016 – intende dettare “disposizioni di carattere straordinario ed urgente a tutela delle aree agricole ricomprese nel territorio del cratere sismico” permettendo di realizzare “annessi rurali di superficie massima di 40 metri quadri, per l’emergenza in termini transitori legati all’evento, su lotti di superficie non inferiore a 1.000 metri quadri” con relativa “viabilità di accesso e parcheggi pertinenziali” seppure “realizzati con materiali compatibili con l’ambiente, applicando tecniche di ingegneria naturalistica”.
Quindi una regione che, da decenni, non riesce ad approvare una moderna legge urbanistica, che ha da anni ferma la rielaborazione del Piano Regionale Paesaggistico e si è vista bocciare per illegittimità costituzionale la L.R. 28 aprile 2014, n. 24 – Legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo – senza minimamente preoccuparsi di riproporla eliminando le criticità evidenziate dalla Corte Costituzionale, decide di risolvere i problemi del sisma permettendo a chiunque di costruire, su lotti minimi di 1.000 mq, anche in forma frazionata (accorpamento che la vigente L.R. 18/83 permette solo agli imprenditori agricoli a titolo professionale) “annessi” derogando “i parametri dell’articolo 71 della legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 (Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo) a causa dello stato di emergenza, come definito dalle disposizioni statali in materia”.
Ma tali costruzioni, passato lo stato di emergenza, verranno demolite? O, come dice la norma, dovendo “rispettare i caratteri e i materiali propri dell’edificazione rurale tipica dei luoghi” (tra l’altro “come disciplinato da apposito atto amministrativo da parte dei comuni interessati”, il che significa che ogni Comune potrà fare un po’ come gli pare!), avranno carattere di stabilità? E che ne è delle disposizioni dei Piani Comunali? E dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale? E dei Piani dei Parchi, dei piani di assetto naturalistico delle Riserve? E le esigenze di protezione dei territori, dettate da PAI, PSDA, dai vincoli idrogeologici? Che fine ha fatto la pianificazione di area vasta, la tutela del paesaggio e del territorio? Quale utilità riveste la possibilità, per tutti, e non solo per gli imprenditori agricoli a titolo professionale, di realizzare manufatti in zone già colpite dal terremoto, dove, semmai, l’urgenza è quella di ricostruire gli immobili danneggiati e dotare gli agricoltori e gli allevatori di strutture provvisorie (che devono avere, di certo, dimensioni superiori a 40 mq) per poter portare avanti le loro attività economiche?
Si tratta, forse, di un tentativo di bypassare l’obbligo, da parte delle istituzioni, di fornire strutture provvisorie, sia abitative che produttive, a chi ne ha necessità?
Di certo, fra le tante leggi che ci saremmo aspettati di vedere approvate, questa sembra la più inutile e dannosa, in un territorio, che da anni, aspetta, anche dalla Regione, risposte molto, ma molto, più incisive.