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Legambiente: “Con 265 cave attive e 640 abbandonate, l’Abruzzo continua a scavare: che fine ha fatto il piano regionale?”

Da Legambiente riceviamo e pubblichiamo:

La sfida dell’economia circolare riguarda anche al mondo delle attività estrattive, perché è possibile ridurre il prelievo di materiale e l’impatto delle cave nei confronti del paesaggio, dare una nuova vita ad una cava dismessa e percorrere la strada del riciclo degli aggregati. A dimostrarlo sono tanti paesi europei che hanno deciso di puntare sul riciclo degli inerti, ma anche diversi esempi italiani anche se per l’Italia e per l’Abruzzo la strada è ancora lunga e in salita.
Si continua a scavare troppo e con impatti devastanti sull’ambiente e la strada del riciclo, malgrado la spinta delle Direttive europee, è ancora molto indietro. La nostra regione è ancora inadempiente sul piano cave che nonostante l’annuncio di alcuni mesi fa è al palo.
Dal rapporto cave 2016 di Legambiente, emerge che la quantità estratta in regione di sabbia e ghiaia è di 1.605.550 m3 con entrate annue pari a 2.087.215,00 di euro, solo il 6,5% del volume d’affari annuo complessivo da attività estrattive con prezzi di vendita di 32.111.000,00 di euro. Già adeguandoci ai canoni europei, la cifra sarebbe molto più alta: 5.137.760,00 di euro.
“Per Legambiente occorre promuovere una profonda innovazione nel settore delle attività estrattive – dichiara Giuseppe Di Marco, presidente Legambiente Abruzzo – . E’ arrivato il momento che anche l’Abruzzo scelga la strada del riciclo, seguendo le buone pratiche di una moderna gestione delle risorse e sviluppando un settore economico capace di legare ricerca e innovazione nel recupero dei materiali. Non è utopia pensare di avere più imprese e occupati nel settore, proprio puntando su tutela del territorio, riciclo dei materiali e un adeguamento dei canoni di concessione ai livelli degli altri Paesi europei. La filiera del riciclo garantisce almeno il 30% di occupati in più a parità di produzione e può garantire prospettive di crescita molto più importanti e arrivare a interessare l’intera filiera delle costruzioni, per altro le Direttive europee prevedono che entro il 2020 il recupero dei materiali inerti dovrà raggiungere quota 70%. Ma per realizzare ciò servono delle scelte e delle politiche chiare da parte delle Regione a partire dalla rapida approvazione del piano cave e contemporaneamente al blocco di tutte nuove richieste.”
Intorno alle attività estrattive si giocherà nei prossimi anni una sfida di innovazione di grande interesse per l’Abruzzo e per il nostro Paese. Attraverso la chiave dell’economia circolare diventa infatti oggi possibile guardare in modo nuovo al futuro del settore delle costruzioni, anche per farlo uscire da una crisi che va avanti da nove anni. Attenzione, non si tratta di slogan o sogni ambientalisti, ma di processi già in corso in tante realtà europee e anche italiane, dove si sta concretamente dimostrando come oggi sia possibile ridurre il prelievo di materiali naturali, attraverso il riciclo e una progettazione attenta ai processi e alle prestazioni degli interventi. E che puntando su ricerca, innovazione e qualità dei prodotti si può tornare a far crescere imprese e occupati.
Oggi è infatti possibile avere più imprese e lavoro in una moderna filiera di valorizzazione compatibile e riciclo dei materiali. Ridurre il prelievo di materiali e l’impatto delle cave nei confronti del paesaggio è quanto mai urgente e oggi anche possibile. Lo dimostrano i tanti Paesi europei dove si riduce la quantità di materiali estratti attraverso una politica incisiva di tutela del territorio, una adeguata tassazione e la spinta al riutilizzo dei rifiuti inerti provenienti dalle costruzioni. Questa sfida va percorsa coinvolgendo il mondo delle costruzioni oggi in profonda crisi, ed è l’unica strada possibile per dare un futuro a tante aree altrimenti condannate a vedere progressivamente degradata la propria identità e qualità del paesaggio.

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