Il maltempo
L’ondata di maltempo che ha investito la nostra regione all’inizio e soprattutto alla metà dello scorso mese sembra ormai alle nostre spalle, ma le ferite da questa provocate sono ancora aperte e, soprattutto alcune di queste, probabilmente non si rimargineranno mai. In questa sede si cercherà di darne un resoconto, a partire dalla metà del mese. E’ allora, infatti, che, dopo qualche giorno di tregua, il maltempo torna sulla nostra regione con un’ondata di gelo, anzi di neve, che si abbatte su decine e decine di comuni, ad alta come a bassa quota. Nevica tanto, e città come Teramo e Chieti si trovano letteralmente sepolte da un manto bianco che oltrepassa subito il metro di spessore. E la neve si porta appresso parecchi guai: in molti centri crollano i tralicci dell’ENEL e ciò provoca interruzioni dell’erogazione di elettricità in molte città, tra cui Chieti, Teramo, Lanciano e, successivamente, Vasto. Si parla subito di qualcosa come 200000 persone rimaste senza luce (e riscaldamento). Nella Marsica, ma anche a Lanciano, nel Vastese e, sia pure in minor misura, a Vasto, la mancanza di elettricità e il gelo che fa letteralmente scoppiare tubi e contatori compromettono l’erogazione dell’acqua. Migliaia di famiglie rischiano di rimanerne senza. Sono molti, un po’ in tutta la regione, i pali (spesso elettrici o telefonici) e gli alberi che cadono sulle strade, ostruendo la circolazione, come se la neve non bastasse. Autostrade e strade vengono chiuse e riaperte ad intermittenza. Chiudono gli uffici pubblici e le scuole nei comuni colpiti dal maltempo. Le amministrazioni locali, la Regione, l’ENEL e la Protezione Civile sono in azione per sgombrare le strade, ripristinare l’erogazione di elettricità, mettere in funzione, in via provvisoria, gruppi elettrogeni.
Il terremoto (anzi, i terremoti)
“L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha realizzato il video dell’animazione della propagazione sulla superficie terrestre delle onde sismiche generate dal terremoto di magnitudo Mw 5.5 delle ore 11.14 italiane del 18 gennaio 2017 che ha coinvolto le province di L’Aquila e Rieti. Le onde di colore blu indicano che il suolo si sta muovendo velocemente verso il basso, quelle di colore rosso indicano che il suolo si sta muovendo verso l’alto. L’intensità del colore è maggiore per spostamenti verticali più veloci. Ogni secondo dell’animazione rappresenta un secondo in tempo reale.
La velocità e l’ampiezza delle onde sismiche dipende dalle caratteristiche della sorgente sismica, dal tipo di suolo che attraversano e anche dalla topografia. Esse, quindi, non si propagano in maniera uniforme nello spazio e luoghi posti alla stessa distanza dall’epicentro risentono del terremoto in maniera completamente diversa” (Il video e la didascalia soprastante sono dell’INGV, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).
“I guai non vengono mai da soli”, dice un adagio. Beh, in questo caso, niente di più vero. Come se non bastassero i danni dovuti al maltempo, ci si mette anche la Terra che, il 18 gennaio scorso, si mette a tremare in maniera abbastanza violenta tra Lazio e Abruzzo. Nell’arco di alcuni giorni, tra le province di L’Aquila e Rieti, si scatena uno sciame sismico di centinaia di scosse quattro delle quali, il 18 gennaio, superano i 5 gradi della scala Richter. Diverse località, che si stanno ancora leccando le ferite a causa dei terremoti precedenti, incassano altri, tremendi colpi.
Rigopiano
Ed è sempre del 18 gennaio la notizia che una valanga ha travolto l’hotel ‘Rigopiano’ situato in territorio di Farindola (Pe). Il fatto è avvenuto nel pomeriggio, e l’allarme viene lanciato, dopo le 17, da un ospite dell’albergo. Si parla di una trentina di persone, tra clienti e dipendenti, rimasti sotto la montagna di neve e ghiaccio che si abbatte sulla struttura. Si chiarirà dopo che ci sono, nell’hotel, 40 persone: 28 ospiti e 12 dipendenti, compreso il titolare. La situazione si presenta subito difficile per i soccorritori: nevica da giorni, e si stanno susseguendo le scosse di terremoto non lontano da dove si trova l’hotel. Forse è l’azione combinata dei due fattori – neve e movimento della Terra – a scatenare la valanga che travolge l’albergo. Gli ospiti – si appurerà subito dopo – avevano deciso, per i motivi menzionati poc’anzi, di lasciare l’albergo e, nel pomeriggio, erano in attesa, dopo aver preparato i bagagli, nella hall dell’albergo. In attesa che arrivasse uno spazzaneve a sgombrare la strada, così da permettere la loro partenza. Ma, a causa della troppa neve, gli spazzaneve non sono sufficienti, e viene cercata, da parte della Provincia, una turbina che però, causa neve e distanza, ha bisogno di diverse ore per arrivare. Nel frattempo arriva la valanga. Un ospite sopravvissuto lancia l’allarme telefonando al proprio datore di lavoro, che chiama i soccorsi. Dopo qualche fraintendimento i soccorritori partono ma i due metri di neve e la bufera in corso rendono le operazioni di soccorso molto difficili. I primi soccorsi arrivano attorno alle 4 del giorno dopo. Arrivano con gli sci ai piedi poiché i mezzi meccanici non sono riusciti a passare. Vengono salvati subito due superstiti. Si comincia a scavare incessantemente nella speranza di trovare altri sopravvissuti. Si scava per giorni in condizioni molto difficili. E i sopravvissuti vengono trovati, come, purtroppo, anche le vittime. Giovedì 26 gennaio terminano le ricerche: il bilancio definitivo è di 11 sopravvissuti e 29 morti. Tra quelli che non ce l’hanno fatta, la vastese Jessica Tinari.
L’ultima vittima
Probabilmente l’ultima vittima degli eventi che hanno funestato l’Abruzzo nel mese scorso, Andrea Pietrolungo è stato definito – a ragione – dalla stampa Angelo del soccorso. Pietrolungo era uno speleologo esperto, e noto nell’ambiente. Direttore e istruttore della scuola regionale speleo, volontario del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS), responsabile della stazione del CNSAS di Forre d’Abruzzo, aveva coordinato gli interventi nel teramano per quasi tutto gennaio, in un’area “dal Gran Sasso ai monti della Laga” come ha dichiarato un suo collaboratore, e aveva coordinato anche il viavài di soccorritori da e per Rigopiano partiti da quella zona. Probabilmente si era speso troppo e il suo cuore non ha retto, fermandosi la mattina del 31 gennaio. Sono stati inutili i tentativi di soccorso. In tanti sono andati a dargli l’ultimo saluto il giorno del suo funerale, tenutosi nella sua città, Pianella.
Le polemiche
Come era prevedibile, una serie di eventi come quella finora descritta era destinata a lasciare il segno, e a lasciarsi dietro una scia di polemiche. Polemiche legate ai danni fatti dal maltempo, ai mezzi utilizzati (o non utilizzati) per fronteggiarlo, polemiche legate all’interruzione nell’erogazione di energia elettrica, polemiche legate alla sciagura di Rigopiano. Sul banco degli imputati, i soccorsi, anzi, l’organizzazione dei soccorsi. Lamentate da molti, la mancanza di coordinazione e di rapidità negli interventi e, più nello specifico, l’insufficienza degli spazzaneve, delle turbine, e, in generale, dei mezzi necessari. Si polemizza perché non c’erano i mezzi idonei ad agire, perché non si è intervenuto prima, perché… tante, troppe cose. Colpa della Provincia di Pescara? Della Regione Abruzzo? Il disastro era prevedibile? Pare che l’albergo fosse stato costruito su di una zona caratterizzata da colate di detriti dovuti ad eventi simili alla valanga del 18 gennaio, sia pure molto lontani nel tempo. Il ‘Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua, in particolare, ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Pescara utilizzando alcune prove fotografiche che avallerebbero tale tesi. In particolare “Nell’esposto oltre ad un’approfondita analisi delle procedure che nel 2007 hanno portato all’ampliamento della struttura, come Forum H2O abbiamo allegato anche alcune foto aeree disponibili online dell’IGM, quelle del 1945, del 1954, del 1975 e del 1985. Nella prima abbiamo notato nel canalone a monte dell’area dove sorgeva il Rigopiano un’evidente e vasta area denudata dalla vegetazione, priva di alberi, che interessa una parte del versante e il fondo del vallone. Questa zona con il passare dei decenni è stata progressivamente ricolonizzata dal bosco che alla fine è tornato a ricoprirla. Ci pareva un ulteriore elemento di interesse e abbiamo chiesto quindi alla Procura di valutare se approfondire attraverso analisi di fotointepretazione queste immagini al fine di risalire all’evento che portò alla scomparsa degli alberi. Tra l’altro proprio in questi giorni eminenti geologi hanno osservato in foto aeree ancora più recenti la persistenza di alcune differenze, ad esempio di altezza e densità dei tronchi, nel vallone rispetto alle aree limitrofe”. Ci sarebbero tracce, inoltre, di un evento valanghivo del 1936. Tra il 2007 e il 2008 il ‘Rigopiano’ aveva subìto un processo di ristrutturazione e di ampliamento, e tali lavori, anzi, la delibera del Comune di Farindola che li aveva autorizzati, erano stati in seguito oggetto di una inchiesta e di un processo per corruzione e abuso d’ufficio a carico degli amministratori locali, che però erano stati tutti assolti “perché il fatto non sussiste”. La Procura di Pescara ora indaga per omicidio colposo plurimo e disastro colposo. E, a proposito di inchieste, rischia di finire sotto la lente di investigatori e magistrati l’ENEL, a causa degli esposti ricevuti dai sindaci di numerosi comuni rimasti senza elettricità a volte per molti giorni. La Procura della Repubblica di Teramo ha aperto un’inchiesta per interruzione di pubblico servizio, allo stato attuale contro ignoti.