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Duro intervento di Federparchi Abruzzo, WWF, Legambiente e Ambiente e/è Vita sulle polemiche per l’approvazione delle misure di conservazione dei S.I.C.

 

Riceviamo e pubblichiamo:

Federparchi Abruzzo, WWF, Legambiente e Ambiente e/è Vita giudicano del tutto incomprensibili e immotivate le polemiche di questi giorni sulla delibera DGR 877/16 varata a fine anno dalla Giunta regionale abruzzese per l’applicazione delle misure generali di conservazione nei SIC (Siti di Importanza Comunitaria) abruzzesi. La Regione non ha fatto altro che provvedere a un atto dovuto e obbligatorio sul quale aveva peraltro, “complici” le precedenti amministrazioni regionali, accumulato notevoli ritardi e prodotto un duro intervento della Commissione Europea che minaccia una procedura d’infrazione per il nostro Paese che pagheranno anche gli abruzzesi.
La direttiva europea prevede infatti la obbligatoria trasformazione dei SIC (di tutti i SIC) in Zone Speciali di Conservazione (ZSC) entro un prefissato periodo di tempo. Un obbligo scaduto ormai da 10 anni (!) e per il cui mancato rispetto è stata avviata dalla Commissione Europea una procedura di pre-infrazione (EU Pilot 6730/14/ENVI di cui alla Conferenza Stato Regioni del 30 marzo 2015). Detto in concreto: se non ci si darà da fare in fretta per adempiere agli obblighi comunitari la procedura di infrazione andrà avanti e gli abruzzesi, attraverso le loro tasse, saranno chiamati a pagare pesanti sanzioni per colpa di quello che non hanno saputo fare i loro amministratori di ieri e di oggi!
La trasformazione in ZSC avviene attraverso un decreto del Ministero competente, in Italia quello dell’Ambiente, dopo che le Regioni avranno approvato misure di conservazione specifiche per ciascun sito (che gli enti gestori hanno preparato da tempo unitamente ai Piani di Gestione), precedute da una normativa di carattere generale. Così è avvenuto in tutta Europa e in quasi tutte le Regioni italiane, mentre così non era accaduto in Abruzzo. La Giunta attualmente in carica, col fondamentale contributo dei dirigenti e dei funzionari regionali del settore, sta cercando di recuperare il tempo perduto. Le misure generali sono un primo passo, ma dovranno essere approvate presto anche misure sito specifiche perché finalmente i SIC abruzzesi possano essere trasformati in ZSC.
Risibili anche le polemiche su un presunto profilo eccessivamente stringente utilizzato dalla DGR 877/16: semplicemente sono stati soltanto attuati gli obblighi previsti dalla direttiva, specificatamente richiesti dalla stessa procedura di infrazione comunitaria in itinere.
È stato peraltro compiuto solo un primo passo: per scongiurare salatissime multe la Regione dovrà: provvedere alle misure specifiche per ciascun sito; assicurare la piena competenza tecnica e scientifica degli Enti Gestori; garantire procedure VINCA trasparenti e scientificamente valide.
Del tutto incomprensibili dunque le opposizioni a un atto normativo che è solo la conseguenza di un iter già definito nella forma e nei contenuti a livello nazionale e internazionale, del tutto analogo e in gran parte sovrapponibile a quello adottato da regioni vicine (ad esempio le Marche). E addirittura ridicole le asserzioni di chi parla di un qualche accanimento verso improbabili ipotesi di allargamento di bacini sciistici: tutti i bacini interni ai SIC/ZSC sono ricompresi dentro aree sulle quali già insistono le misure di conservazione del DM 17 ottobre 2007 che al punto “m” dell’art. 5 ha sancito l’inequivocabile divieto alla “realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci”. La delibera 877, da questo punto di vista, prende semplicemente atto di veti che esistono già da un decennio.
Federparchi Abruzzo, WWF, Legambiente e Ambiente e/è Vita vanno oltre e denunciamo come una sostanziale incapacità di programmazione abbia tenuto e continui a tenere in ostaggio un’intera Regione, quella che dovrebbe essere la “Regione verde d’Europa” e che ha dato vita alla Convenzione degli Appennini. Nella realtà dei fatti lo sviluppo compatibile della fruizione delle risorse naturali è stato invece ostacolato, perché per oltre un decennio le aree montane e interne abruzzesi non hanno potuto utilizzare le risorse economiche messe a disposizione dalla Comunità Europea per i SIC in regola con le misure di conservazione. Invece di continuare a insistere su inesistenti ipotesi di uno sviluppo turistico incompatibile, vietato dalla legge da oltre 10 anni e ormai cancellato anche in prospettiva dai cambiamenti climatici in atto, chi ha gestito e gestisce la cosa pubblica reciti invece convinti mea culpa per la perdita di almeno un decennio di finanziamenti, peraltro avvenuta in un momento drammatico per moltissime comunità dell’Abruzzo interno, arrivate alle fasi finali di uno spopolamento che ha ormai il sapore dell’abbandono.
Per anni – denunciano le associazioni – si è colpevolmente coltivata avversione per la protezione della natura, nascondendo una realtà di omissioni e di soldi irrimediabilmente perduti. Quelle in atto sono polemiche fuori tempo e lontane dalla realtà. Ci si renda piuttosto conto che per venire fuori dalla crisi che tuttora condiziona l’Abruzzo bisogna percorrere strade diverse da quelle che la crisi l’hanno creata e la tutela della natura è una via maestra per il rilancio dell’economia dei territori, in particolare nelle aree interne, purché la politica cominci a guardare al futuro con intelligenza, scommettendo sulle opportunità che offre l’Europa e non coltivando semplicemente limitati interessi di facile consenso elettorale.

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