Oggi il via alla due giorni di incontri, organizzati da Legambiente e Parco Nazionale della Majella, sulla salvaguardia di questa specie tornata a ripopolare l’Appennino ma anche le Alpi
Tra gli argomenti del Forum: dalla Carta di Sulmona al Piano d’azione nazionale per il lupo,
il ruolo e la funzione dei parchi per la tutela della specie
Il mondo delle aree protette, le associazioni, ma anche quello della ricerca e delle istituzioni si confrontano oggi e domani a Sulmona sulla tutela del lupo in Italia. Una specie che dopo una fase di drastico declino, dovuto principalmente alla persecuzione umana diretta ed indiretta, sta tornando a ripopolare gli Appennini e nuove aree arrivando fino alle Alpi Occidentali, grazie alle azioni di tutela portate avanti nei Parchi dagli anni ’70 ad oggi. Oltre ai progetti di successo, come i numerosi Life avviati negli ultimi anni in primis il progetto Life Wolfnet, non sono mancate iniziative e campagne di sensibilizzazione seguite da impegni concreti come quelli sottoscritti con la Carta di Sulmona. Ma anche lo stesso Piano d’azione nazionale sulla conservazione e gestione del lupo che, nonostante non si condivida la parte che prevede la possibilità di abbattere un numero massimo di 60 lupi, rappresenta uno strumento importante a disposizione delle aree protette e delle Regioni per garantire un futuro alla specie ancora vittima di persecuzioni, di uccisioni illegali e bracconaggio.
Sono questi gli argomenti che verranno affrontanti oggi e domani al Forum Nazionale per la tutela del Lupo in Italia organizzato da Legambiente e Parco Nazionale della Majella, e con la partnership del progetto Wolfnet 2.0, a Sulmona, in Abruzzo, presso la Badia Morrenese. La scelta dell’Abruzzo come location dell’evento non è casuale: definitala regione verde d’Europa con i suoi tre parchi nazionali, un parco regionale e 38 tra oasi e riserve regionali e statali, l’Abruzzo è anche culla di importanti progetti di successo legati alla tutela e conservazione della natura e della fauna selvatica (dal camoscio appenninico al lupo) che tracciano la strada per una giusta convivenza tra lupo e uomo, ma anche luogo di strategie di valorizzazione del sistema delle aree protette come APE – Appennino Parco d’Europa.
Ad aprire la prima giornata del Forum, introdotta da Simone Angelucci, Referente Progetto Wolfnet 2.0, sono stati: Oremo Di Nino, Direttore Parco Nazionale della Majella, Stefano Raimondi, coordinatore nazionale aree protette e biodiversità Legambiente, Antonio Antonucci, Parco nazionale della Majella, Willy Reggioni, Parco nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, Carlo Pedrazzoli, Parco nazionale delle Foreste Casentinesi Alessandro Rossetti, Parco nazionale dei Monti Sibillini, Nicoletta Riganelli, Parco nazionale del Gran Sasso Monti della Laga. Tra gli ospiti che invece interverranno nella giornata di domani 15 dicembre, incentrata su proposte e criticità per la salvaguardia del lupo in Italia e su un’analisi del Piano d’azione, interverranno: Marco Apollonio, Università di Sassari, Luigi Boitani, Università La Sapienza di Roma, Rosario Fico, Centro di Referenza Medicina Forense Veterinaria IZS Lazio e Toscana, Ciro Lungo, Corpo Forestale dello Stato, Vincenzo Caputo CRIUV Campania (centro di riferimento regionale igiene urbana).
Ed ancora rappresentanti di CIA, Confagricoltura, Regioni Emilia Romagna, Lazio, Toscana e Provincia di Bolzano, Toscana, La giornata del 15 si concluderà, con gli interventi di Maria Carmela Giarratano, DG DPN Ministero dell’Ambiente, Antonio Carrara coordinatore di Federparchi, Oremo Di Nino, direttore del Parco nazionale della Majella e Antonio Nicoletti di Legambiente.
“Per rafforzare il ruolo dei Parchi nella gestione e conservazione del lupo e rendere più omogenei e riconoscibili i risultati ottenuti in questi anni dai gruppi di lavoro dei Parchi – dichiara Franco Iezzi, Presidente Parco Nazionale della Majella – occorre continuare la strada intrapresa con la Carta di Sulmona. Un documento firmato due anni fa dai più importanti Enti gestori d’Italia nel quale si delineano le priorità per favorire una giusta convivenza tra lupo e attività antropiche, con gli opportuni adattamenti territoriali, ma senza mai allontanarsi dalla conoscenza tecnico-scientifica, che è la base per l’attuazione delle migliori pratiche di gestione. A partire proprio dal modello di collaborazione tra i diversi soggetti interessati per la gestione del lupo in Italia, occorre pensare a un modello che si richiama ad esperienze già sperimentate in molte aree protette e che si ispirano alla Rete Wolfnet, appunto il network per la tutela del lupo”.
Il ritorno del lupo – Amati e odiati, i lupi sono passati da un numero di meno di 100 esemplari, negli anni ’70, agli oltre 1000 esemplari attuali. Non sono stati introdotti in natura nuovi esemplari, ma il numero negli anni è cresciuto grazie a cause naturali e alle recenti norme di tutela e ai progetti europei di successo messi in campo per la salvaguardia di questa specie. Tra questi il progetto Life Wolfnet, il primo tentativo di conservazione e gestione coordinata del lupo appenninico, avviato nel 2010 e cofinanziato dalla Commissione europea. Il progetto Life Medwolf sulle migliori pratiche di conservazione del Lupo nelle aree mediterranee e svolto in Italia, nella provincia di Grosseto, e in Portogallo, nei distretti del Guarda e di Castelo Branco. L’obiettivo è stato quello di ridurre il conflitto tra la presenza del lupo e le attività antropiche nelle aree rurali delle due aree di studio dove si è persa la tradizione culturale alla coesistenza con il predatore. MedWolf vede infatti per la prima volta la collaborazione tra associazioni di categoria rappresentanti il mondo agricolo, associazioni ambientali, istituzioni e centri di ricerca italiani e portoghesi.
Ed ancora il progetto Life Micro, avviato nel 2015 e che terminerà nel 2020, pensato per minimizzare l’impatto del randagismo canino sulla conservazione del lupo in Italia e che coinvolge 5 partner tra cui il Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Dall’Appennino alle Alpi il passo è breve: nel 2013 è stato avviato il progetto Life WolfAlps, che si concluderà nel 2018, ha l’obiettivo di realizzare aioni coordinate per la conservazione a lungo termine della popolazione alpina di lupo in sette aree di intervento.
Nonostante il lupo sia ritornato a ripopolare gli Appennini, è ancora vittima bracconaggio e di uccisioni illegali a causa dei conflitti con allevatori e residenti. Nel quadriennio 2013-2016, stando alle notizie che si hanno, sono morti oltre 100 lupi per cause non naturali. Precisamente si tratta di 137 esemplari, di questi ben 54 per bracconaggio (31 per arma da fuoco, 9 per laccio e 14 per avvelenamento). In questi ultimi anni non sono poi mancate le polemiche sollevate dagli allevatori che invece non vedono di buon occhio il ritorno di questo esemplare: le uccisioni illegali avvenute soprattutto nel cuore della Maremma hanno riaperto la discussione sulla possibile convivenza o meno lupo-uomo.
E sul piano d’azione nazionale d’azione nazionale che prevede l’abbattimento dei lupi, Legambiente ha oggi espresso le sue preoccupazioni. “Chiediamo che venga stralciata la parte del Piano in cui si prevede la possibilità di rimozione dei lupi – dichiara Antonio Nicoletti, responsabile aree protette Legambiente -una soluzione che non risolve i problemi delle predazioni e dei ritardi nei rimborsi da riconoscere agli allevatori che hanno avuto dei danni, ma al contrario rischia di innescare un meccanismo tale da interrompere le buone pratiche di convivenza e di mitigazione dei danni e dei conflitti, a favore di azioni più semplici e dal maggiore clamore mediatico ma che produrrebbero più danni culturali che reale efficacia concreta. Altro elemento riguarda la cattiva gestione dei cani vaganti, problema derivante anche dalla mancata applicazione della 281 e che alimenta la possibilità di ibridazione con il lupo e un ulteriore conflitto con gli allevatori. Chiediamo quindi, al Ministero ed alle Regioni, di soprassedere sugli abbattimenti ma approvare la restante parte del Piano che consideriamo utile e molto innovativa e che è in linea con molte delle azioni promosse dai parchi e contenute nella carta di Sulmona”.
Dall’altra parte c’è da dire che lo stesso Ministero dell’Ambiente ha promosso l’inserimento di alcuni punti della carta di Sulmona nella redazione del Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia. Ma ciò non basta per questo nella due giorni, di Sulmona, verranno sintetizzati e aggiornati i sei punti fondamentali su cui lavorare: 1) L’incremento della conflittualità verso il lupo conseguente a inappropriati sistemi normativi e procedurali di indennizzo del danno; 2) La persistenza della ostilità nei confronti del lupo da parte degli allevatori e delle comunità locali per misure di prevenzione e mitigazione del conflitto inappropriate; 3) Il contrasto delle mortalità illegali; 4) La persistenza di rischi o sviluppo di nuove criticità sanitarie per la popolazione di lupo; 5) Il disturbo diretto o indiretto al lupo nei siti e nei periodi riproduttivi e alle diverse fasi del ciclo biologico; 6) L’insufficiente coordinamento tecnico-istituzionale e frammentazione delle competenze.
Il Forum nazionale di Wolfnet 2.0 per la tutela del Lupo in Italia ha il patrocinio del
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare