L’Adriatico, il mare più pescoso del Mediterraneo, è sempre più impoverito da fiumi inquinati, scarichi fognari, sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche e massiccia attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi. In Adriatico abbiamo ben 60 concessioni a coltivare idrocarburi su 69 totali, più quelle in itinere. La costa abruzzese, anche se è scampata a Ombrina, non può stare serena: di fronte alla Regione dei Parchi ci sono 7 concessioni a coltivare operanti, 6 permessi di ricerca, 3 istanze a permesso di ricerca e una istanza a coltivare. A questo quadro in tutti i sensi fossile, mentre il mondo va da un’altra parte, aggiungiamo il progetto di una grande Multi-Client, la Spectrum GEO, per la “valorizzazione” di nuovi bacini sedimentari, o la rivalutazione di bacini sedimentari già oggetto di ricerca e produzione di idrocarburi al fine di fornire dati aggiornati a clienti interessati. Contro questa iniziativa non è servito il ricorso al TAR di Comuni, Provincia di Teramo e Regione: il Tribunale Amministrativo ha dato ragione al proponente chiudendo, per ora, un contenzioso che, tra osservazioni alla Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale del Ministero e azioni giudiziarie andava avanti dal 2011.
Se i Comuni ricorrenti della costa teramana insieme alla Provincia di Teramo non adiranno in appello al Consiglio di Stato, avremo 700km di costa, da Rimini a Santa Maria di Leuca, per un area di 30.000 Km2 che verrà scandagliata con la tecnica dell’air-gun, una tecnica di sondaggio geofisico per ispezionare i fondali marini basata sul rilascio in mare di fortissimi spari di aria compressa, a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro. Una pratica devastante per molte forme di vita, specie per i grandi mammiferi marini.
Gli odontoceti (cetacei dotati di denti) sono animali estremamente sensibili ai rumori marini in virtù della loro capacita di orientamento attraverso il biosonar. Sappiamo che l’onda d’urto che scaturisce da un sistema airgun è in grado di provocare lesioni anche devastanti ai tessuti degli individui posti a breve distanza dalla sorgente, sappiamo anche che a distanze superiori può provocare la lesione della bulla timpanica (vitale per questi animali), tuttavia non sappiamo fino a quale distanza le esplosioni prodotte da tali sistemi possano avere conseguenze sui cetacei non evidenziabili in sede necroscopica: dall’ allontanamento dai nostri mari al disorientamento che, di fatto, può tradursi nello spiaggiamento.
A due anni dallo spiaggiamento a Vasto dei 7 capodogli, mercoledì 14 settembre, alle ore 15.00, presso il punto informazioni della Riserva Regionale di Punta Aderci, a Punta Penna, il Centro Studi Cetacei, la Riserva di Punta Aderci, il WWF Zona Frentana e Costa Teatina, per non dimenticare il drammatico stato dei nostri mari e le nuove minacce, posizioneranno un grande pannello con la storia dello spiaggiamento, avvenuto il 12 settembre 2014; un episodio drammatico, ma che ha dimostrato come la gente abbia a cuore la vita del Mare. Alle ore 15,30 si partirà invece con le barche dal porto di Vasto, per liberare splendidi esemplari di tartaruga marina Caretta caretta curate dal Centro Studi Cetacei a Pescara, per dare un segno di speranza, e uno stimolo ad abbandonare un modo di fare che ha la imperdonabile prerogativa di cancellare il futuro per le nuove generazioni.
Questa è anche l’occasione per lanciare un appello alla provincia di Teramo e ai Comuni di Alba Adriatica, Martinsicuro, Tortoreto, Giulianova, Roseto degli Abruzzi, Pineto e Silvi, di continuare la strada intrapresa contro il preoccupante progetto della Spectrum GEO, proponendo appello al Consiglio di Stato, e naturalmente alla Regione che non può ricorrere ma può offrire un supporto importante. L’Abruzzo lo chiede a gran voce.
Centro Studi Cetacei
Vincenzo Olivieri