Le coste abruzzesi continuano a subire la minaccia della mancata depurazione: su nove punti monitorati da Goletta Verde ben sette presentavano cariche batteriche elevate. Nel mirino ci sono sempre fossi e foci di fiumi che continuano a riversare in mare scarichi non adeguatamente depurati. Legambiente chiede che Regione e Comuni si attivino per vigilare sui 170 milioni di euro investiti per l’adeguamento e il completamento degli impianti, affinché già dal prossimo anno si arrivi a risultati concreti e duraturi.
È questo il bilancio del monitoraggio svolto in Abruzzo dall’equipe tecnica di Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, realizzata anche grazie al contributo del COOU, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati e il sostegno dei partner tecnici NAU e Novamont. L’istantanea regionale sulle acque costiere è stata presentata questa mattina in una conferenza stampa a Pescara da Giuseppe Di Marco, presidente di Legambiente Abruzzo e da Katiuscia Eroe, portavoce di Goletta Verde, Mario Mazzocca, sottosegretario regione Abruzzo e Gianni Melilla, parlamentare SEL.
Le criticità rispetto al sistema depurativo regionale si ritrovano anche nel quadro delineato dall’ultima procedura d’infrazione aperta dall’Unione Europea nei confronti dell’Italia che comprende anche 26 agglomerati urbani abruzzesi (che si aggiungono ai due già condannati in passato). Condanne e procedure che, stando alle stime dell’unità di missione del Governo Italia Sicura costerebbero all’Abruzzo, a partire già da quest’anno e fino al completamento degli interventi di adeguamento richiesti, 8 milioni di euro.
“Per risolvere queste criticità sono stati già affidati interventi per circa 170 milioni di euro – sottolinea Giuseppe Di Marco, presidente di Legambiente Abruzzo. – La Regioni e le amministrazioni comunali ora hanno il compito di monitorare questi investimenti e i relativi appalti, affinché già dal prossimo anno i risultati siano sotto gli occhi di tutti. Occorre però far partire su tutto il territorio regionale un’azione di tutela e riqualificazione dei corsi d’acqua, che deve devono coinvolgere, fin dalle prime fasi di stesura, i diversi attori (pubblici e privati, istituzioni, associazioni, cittadini, tecnici ed esperti del settore) con l’obiettivo di ridurre i prelievi e i carichi inquinanti. Serve per questo una legge certamente diversa da quella proposta dalla Regione e ferma in commissione. In questa direzione devono andare anche i Contratti di Fiume e cogliamo l’occasione per ribadire la richiesta dell’istituzione di un tavolo di coordinamento regionale che la nostra associazione chiede da tempo”.
A conferma di una situazione da tenere sotto controllo ci sono anche i dati del dossier Mare Monstrum di Legambiente che dimostrano quanto sia critica la situazione del “mare illegale” anche in questa regione. I reati ai danni del mare che le forze dell’ordine e le Capitanerie di porto hanno intercettato in Abruzzo nel corso del 2015 sono stati 611 (in crescita del doppio rispetto ai 301 dello scorso anno) con 599 persone arrestate e denunciate e 161 sequestri: in pratica 4,9 reati per ogni chilometro di costa. A fare la parte del leone sono proprio le infrazioni relative alla cattiva depurazione e agli scarichi selvaggi che sono state 266 (con 262 persone denunciate e 98 sequestri). A seguire i reati relativi alla pesca di frodo dove le forze dell’ordine hanno scoperto 158 infrazioni (con 123 persone denunciate e arrestate e 41 sequestri) e quelli legati al ciclo del cemento, con 156 infrazioni accertate, 183 persone denunciate e 21 sequestri. Infine, i reati relativi alla navigazione fuorilegge: 31 i reati contestati, con altrettante persone denunciate.
“È necessario rafforzare il sistema dei controlli, non solo lungo la costa ma anche su fiumi, fossi e scarichi nell’entroterra, per individuare scarichi illegali non depurati o impianti mal funzionanti, che continuano a immettere in mare carichi inquinanti non più tollerabili – dichiara Katiuscia Eroe, portavoce di Goletta Verde -. I dati del dossier Mare Monstrum dimostrano l’importante lavoro svolto nell’ultimo anno da investigatori e inquirenti che dal maggio dello scorso anno hanno a disposizione un nuovo strumento, la legge 68/205 che inserisce i reati ambientali nel codice penale. Tra i delitti previsti nella riforma ci sono i reati di inquinamento e disastro ambientale, norme utilizzate ora per colpire anche gli illeciti connessi con il settore depurativo. Un passo avanti fondamentale per scovare e punire finalmente chi continua a devastare i nostri mari. Non si tratta solo di difendere l’ambiente, il problema depurativo è una criticità che probabilmente è alla base del decremento delle presenze turistiche registrato in questa e altre regioni italiane e che rischia quindi di compromettere irrimediabilmente una delle maggiori risorse di questo territorio e l’economia ad esso collegata”.
Il dettaglio delle analisi di Goletta Verde
I prelievi e le analisi di Goletta Verde sono stati eseguiti dal laboratorio mobile di Legambiente tra il 25 e il 26 luglio 2016. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli) e abbiamo considerato come “inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori. I punti scelti sono stati individuati dalle segnalazioni non solo dei circoli di Legambiente ma degli stessi cittadini attraverso il servizio Sos Goletta.
Il monitoraggio prende in considerazione il campionamento dei punti critici che vengono principalmente scelti in base a un “maggior rischio” presunto di inquinamento. Per questo vengono prese in esame le foci dei fiumi, torrenti, gli scarichi e i piccoli canali che spesso troviamo sulle nostre spiagge: queste situazioni sono i veicoli principali di contaminazione batterica dovuta all’insufficiente depurazione dei reflui urbani che attraverso i corsi d’acqua arrivano in mare. Si tratta di un monitoraggio puntuale che non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, né pretende di assegnare patenti di balneabilità, ma restituisce comunque un’istantanea utile per individuare i problemi e ragionare sulle soluzioni.
Tre i campionamenti eseguiti in provincia di Chieti, tutti con cariche inquinanti oltre i limiti di legge. Sono stati giudicati fortemente inquinati i campioni prelevati alla foce del fosso San Giovanni in località La Penna a Fossacesia e alla foce del fiume Moro in località Acquabella-San Donato nel comune di Ortona. Inquinato il giudizio per il campione prelevato alla spiaggia in corrispondenza del fosso del Diavolo in località Dragoni a Torino di Sangro. Dei quattro campionamenti eseguiti in provincia di Teramo, invece, due sono risultati fortemente inquinati: alla foce del fiume Vibrata in località Villa Rosa, al confine tra i comuni di Martinsicuro e Alba Adriatica; alla foce del fiume Cerrano a Silvi Marina e alla foce del torrente Calvano a Pineto Marina. In quest’ultimo comune è risultato, invece, nella norma il prelievo effettuato alla spiaggia in corrispondenza di via Liguria. A Pescara è risultato fortemente inquinato il campionamento alla foce del fosso Vallelunga. Infine, sempre nella città capoluogo, è stato eseguito un ulteriore prelievo alla spiaggia in corrispondenza di piazza I maggio (piazza Mediterraneo): i livelli di carica batterica erano di poco inferiori ai limiti di legge, e per questo giudicati nella norma, ma che denotano criticità che vanno costantemente monitorate per non compromettere la balneabilità anche di quei luoghi.
Anche quest’anno il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati è main partner della campagna estiva di Legambiente. Attivo da 32 anni, il COOU garantisce la raccolta degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale e nel 2015 ha raccolto in Abruzzo 2.840 tonnellate di questo rifiuto pericoloso, evitandone così la possibile dispersione nell’ambiente. L’olio usato – che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli – è un rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente che deve essere smaltito correttamente: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche. Ma l’olio usato è anche un’importante risorsa perché può essere rigenerato tornando a nuova vita in un’ottica di economia circolare: il 90% dell’olio raccolto viene classificato come idoneo alla rigenerazione per la produzione di nuove basi lubrificanti, un dato che fa dell’Italia il Paese leader in Europa. “La difesa dell’ambiente, in particolare del mare e dei laghi – spiega il presidente del COOU, Paolo Tomasi – rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione. L’operato del Consorzio con la sua filiera non evita solo una potenziale dispersione nell’ambiente di un rifiuto pericoloso, ma lo trasforma in una preziosa risorsa per l’economia del Paese”.