Riceviamo e pubblichiamo:
Federparchi, Riserve regionali e associazioni ambientaliste protestano congiuntamente nei confronti della Regione Abruzzo dopo la recente approvazione di un assurdo dispositivo di legge che appare in assoluto contrasto con la realtà del territorio e le sue vocazioni. La legge n° 11, pubblicata sul Bollettino Ufficiale del 14 aprile modifica infatti la legge regionale 38/1996 inerente le aree protette regionali e consente attività cinofile e cinotecniche all’interno del Parco Sirente Velino e delle altre riserve naturali di competenza regionale.
In pratica con la nuova norma approvata sarà possibile svolgere attività di addestramento e allenamento di cani, nonché lo svolgimento di gare cinofile, su territori di grande valenza naturalistica con danni enormi per la fauna selvatica e per il territorio. Un provvedimento di assoluta gravità che non ha precedenti in alcuna regione italiana e che mette a gravissimo rischio la conservazione di specie importanti, tutelate da norme europee e nazionali, a cominciare dall’orso e dal camoscio. Si tratta inoltre di una norma illogica, illegale e ancora più assurda perché votata dai consiglieri regionali di quella che dovrebbe essere la regione verde d’Europa. La vergognosa legge è passata quasi alla chetichella in Consiglio, senza alcun coinvolgimento delle associazioni ambientaliste e degli stessi dirigenti delle aree protette regionali.
Letta insieme all’assurdo regolamento per la gestione degli ungulati, varato recentemente a dispetto delle proteste degli ambientalisti, questa norma probabilmente rappresenta, nelle intenzioni dei proponenti, un ulteriore passo verso la prospettiva di uccisioni a danno di cervi e caprioli. Quindi non un errore di percorso ma una precisa scelta a favore della caccia e delle attività collaterali ad essa connesse.
Una norma in palese contrasto con la legge quadro sulle aree protette (legge 394/91), con la legge n. 157/92 sull’attività venatoria e con la stessa legge regionale 38 che è stata modificata. Nel caso del Parco regionale, che è classificato come Zona di Protezione Speciale (ZPS) ai sensi della direttiva uccelli dell’Unione Europea, è in contrasto anche con la delibera 451/2009 della giunta regionale che ha approvato le misure minime di conservazione delle ZPS. Insomma una norma priva di qualsiasi logica.
“L’attuale maggioranza regionale, teoricamente progressista – sottolineano le associazioni – sta facendo scelte peggiori di quelle di ogni altro Consiglio regionale recente. È ora di cambiare passo e di operare nell’interesse della stragrande maggioranza dei cittadini che chiedono rispetto per le aree naturalistiche di pregio, per la flora e per la fauna protetti”.
Le associazioni, insieme a Federparchi, chiedono al Governo di impugnare la legge per i palesi contrasti prima evidenziati e al Consiglio regionale di tornare sui suoi passi ammettendo l’errore e abrogandola immediatamente. Si vuole sperare che la Regione Abruzzo non voglia celebrare i 20 anni delle legge quadro sulle aree protette, che si proponeva di realizzare il sogno dell’Appennino Parco d’Europa, decretando la sua fine e la fine delle stesse aree protette.
“Chiediamo alla Regione Abruzzo di ascoltarci – sostiene Federparchi – e di prendere una decisione immediata di abrogazione di una norma inutile e dannosa. Evitiamo di perdere tempo e energie per una vicenda che non può che avere un’unica conclusione: il governo impugnerà la legge e la Corte Costituzionale non potrà che riconfermare quello che ha già stabilito in precedenza”.
I provvedimenti pro-caccia, insieme alla paralisi di una importante fetta della vigilanza ambientale che si è ottenuta cancellando le Polizie Provinciali, la dicono lunga sulle recenti scelte della Regione Verde d’Europa, cui le associazioni e Federparchi, insieme a tutte le Riserve, chiedono con forza di rivedere le proprie posizioni contrarie a una sana politica ambientale e persino al buon senso.
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